La scoperta e la divulgazione dello straordinario patrimonio di raffigurazioni preistoriche, incisioni, pitture, figure umane e animali in uno scenario di grande suggestione paesaggistica, risale al 1949.
Le incisioni e le pitture raffigurano prevalentemente animali di grossa taglia, anche se non mancano quattro raffigurazioni umane, tutti i graffiti sono stati datati alla fase finale del Paleolitico Superiore.
Un'importante testimonianza dell'arte rupestre nell'isola di Levanzo
Lungo la costa nord-occidentale dell'isola di Levanzo, la più piccola, ma non la meno incantevole delle Egadi, il navigante attento, sollevando gli occhi ad un altezza di circa trenta metri sulle alte e ripide pareti calcaree che gli si ergono di fronte, può scorgere la Grotta del Genovese.
L'antro di formazione carsica si affaccia su una piccola cala eponima, ed è contornato, venendone quasi nascosto, dalla vegetazione tipica della macchia mediterranea, posizionandosi in uno scenario di grande suggestione paesaggistica.
Il carsismo ha conferito alla grotta una morfologia piuttosto articolata: essa è composta da un'ampia camera d'ingresso comunemente definita "antegrotta" dalla quale si accede, tramite uno stretto e basso cunicolo, ad una camera interna meno alta e più lunga, detta "retrogrotta".
L'antegrotta conserva i resti di una fornace per la fabbricazione della calce risalente ad età tardo medievale.
Il retrogrotta, che al suo interno custodisce la più ricca eredità italiana di espressività figurata preistorica, era invece inesplorato.
La zona circostante il sito, infatti, era conosciuta dagli isolani come ottima postazione di caccia, ma nessuno era mai penetrato all'interno delle camere della grotta in quanto, per stanare i conigli, bastava introdurre i furetti.
La scoperta e la divulgazione dello straordinario patrimonio di raffigurazioni parietali della camera interna risale al 1949, quando Francesca Minellono, una pittrice fiorentina che trascorreva un breve periodo di vacanza sull'isola, spinta dalla voglia di esplorare, entrò nell'angusto cunicolo trascinandosi sul ventre.
Del sorprendente rinvenimento furono nell'ordine informati il prof. Paolo Graziosi dell'Istituto di Paletnologia Umana dell'Università di Firenze, e la soprintendente per le antichità della Sicilia Occidentale Jole Bovio Marconi.
Non passò dunque troppo tempo perché a Levanzo si attivassero le prime ricerche a carattere scientifico: furono eseguite le riproduzioni su lucido delle rappresentazioni parietali, si effettuarono alcuni scavi stratigrafici, nonché una serie di esplorazioni archeologiche in molte grotte della stessa isola e della vicina Favignana.
Le incisioni rappresentano prevalentemente animali di grossa taglia, anche se non mancano quattro raffigurazioni umane.
Tutti i graffiti sono stati datati alla fase finale del Paleolitico Superiore, ovvero al periodo di passaggio dall'era geologica pleistocenica a quella olocenica, quando i cambiamenti climatici dovuti alla regressione dei ghiacciai continentali, costrinsero l'uomo all'adattamento ad un ecosistema mutato ed all'adozione di alcuni cambiamenti culturali che lo trasformarono da semplice cacciatore in cacciatore, pescatore e raccoglitore di molluschi.
Tutte le pitture di colore nero sono state datate alla fase finale dell'epoca Neolitica, nel momento in cui le tecniche agricole e di allevamento erano ormai ben consolidate ed universalmente utilizzate, e i primi gruppi umani stavano per impadronirsi delle complesse conoscenze metallurgiche.
Molto conosciuti, non solo in ambiente accademico, sono i quattordici idoletti dipinti della grotta. Sei di essi, che ricordano una fiaschetta o un violino (idoletti "en violon"), hanno una forma globosa con pancia rigonfia, strozzatura centrale e braccia ridotte a minuscole appendici, i restanti otto hanno forma cilindrica e arti superiori appena accennati cosi come si era osservato nei precedenti sei.Le rappresentazioni pittoriche antropomorfe di Levanzo sono fortemente stilizzate, il corpo è quasi sempre filiforme e gli arti sono lunghi e sottili, di contro, in alcuni soggetti il volume del corpo aumenta esponenzialmente, e gli arti si accorciano fin quasi a scomparire.
Un'unica pittura in rosso, rappresentante un uomo con corpo sinuoso e testa a forma di cuneo, è riferibile all'epoca paleolitica, essa è infatti del tutto simile al personaggio posizionato a destra nella scena di danza anzi descritta, ed è pertanto a ragione considerata coeva alle incisioni.
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